lunedì 11 maggio 2015

#storia6: Giri di Prova

Oggi sono in vena di porvi e di pormi una domanda importante, a partire dal fenomeno della dispersione scolastica, su cui ho lavorato da fine 2008 fino all’anno scorso.

Ma che cos’è per me la dispersione scolastica?

Mentre ero in quelle varie faccende affaccendata, ho capito che la dispersione scolastica, vista come dato tecnico e statistico, impedisce di cogliere appieno il fenomeno. Che, come sappiamo, è sempre più in espansione.

Io vedo la dispersione scolastica come la punta dell’iceberg di una realtà molto più complessa: una situazione di vita che non permette ai ragazzi e alle ragazze di immaginarsi un proprio posto nel mondo.

Un bel problema dunque. E credo che se al posto dell’aggettivo ‘scolastica’ mettessimo ‘esistenziale’, avremmo maggiori coordinate di pensiero e progettazione . Quello che ho imparato in questi  11 anni di lavoro è che in Educazione le semplificazioni delle questioni non paga mai. Problematizzare e complessificare comporta fatica, ma permette anche di cogliere sfumature di senso imprescindibili per darsi coordinate di azione utili ed efficaci.

E così, facendo prima l’educatrice in un servizio chiamato ‘Scuola bottega’, per poi, dopo uno stop amministrativo di un anno, coordinarlo per i successivi due, con i miei colleghi e in collaborazione con Enaip Lombardia, abbiamo gestito un progetto in cui,i ragazzi e le ragazze che lo frequentavano (e i numeri erano altissimi: siamo arrivati in un’annualità ad avere un’ottantina di utenti), potevano sperimentarsi in laboratori di mestiere ed essere accompagnati in percorsi educativi individuali e di gruppo, alla ricerca del proprio saper fare. Ma non solo: abbiamo con loro lavorato perché riuscissero a recuperare quella dimensione del sognarsi che deve appartenere all’adolescenza e alla giovane età. Perché sappiamo che un must orientativo per eccellenza è che siamo capaci di fare meglio quello che più ci piace.

Anche dopo la fine dei finanziamenti regionali per due annualità e a regime ridotto, solo con Cooperativa Milagro, abbiamo continuato a lavorarci. Siamo riusciti a garantire alcuni laboratori esperienziali, collaborando con Afol, alcune esperienze di tirocinio e borsa lavoro, ma anche iscrizioni a nuovi percorsi scolastici, o sostegno per terminare quelli in corso. Abbiamo svolto bilanci esperienziali e di competenze, non solo tramite colloqui, ma costruendo esperienze concrete in cui permettere a ragazzi e ragazze di guardarsi e provare a scegliere.

Ma come è possibile capire cosa ci piace, quando il pressing sociale ci impedisce di collocarci nella nostra propria dimensione esistenziale? E con gli adulti che ci dicono che la scuola oggi vale meno, perché tanto poi non c’è un posto di lavoro che mi accoglierà? E, al di là di ciò che sarà di me in futuro, che cosa la dimensione di dispersione in cui oggi sono immerso e immersa mi impedisce di conoscere e sperimentare?
Tutto sommato sono queste domande attraversabili in qualsiasi servizio educativo, sia per giovani che per adulti, per disabili o meno. Perché queste sono, come dicevo qualche riga fa, domande esistenziale. E l’esistenza non si fa incatenare da target di utenza con cui classifichiamo i servizi. Ma non possiamo nemmeno richiedere ad ogni servizio di occuparsi di tutto ciò che riguarda una persona. E la selezione delle tematiche da trattare è un valore pedagogico da agire e da insegnare.

Per questo, nel corso degli ultimi due anni, con la mia cooperativa ho cercato di formulare un progetto ‘leggero’. Si chiama Warm up: giri di prova contro la dispersione. È un progetto leggero nella forma e nei costi, che si offre di affiancare ragazzi e ragazze, che sono già in carico ad altri servizi, per poter approfondire con loro la dimensione di dispersione in cui si trovano. Fare qualche giro, che può durare dai tre mesi all’anno di durata per poche ore a settimana, per ritrovare quelle coordinate di orientamento perse a causa dei problemi più disparati.




L’immagine è stata tratta dal film Rush, di Ron Howard, e liberamente modificata da Roberto Macalli - Stampa&Rigenera















Warm up ad oggi non ha ancora avuto possibilità di attuazione. Contattati per tre situazioni, nessuna attivazione è partita perché la domanda di presa in carico arriva sempre troppo tardi e la vita ha già portato altrove questi ragazzi. In un caso di questi, ha vinto l’andare all’estero a cercar fortuna, negli altri due hanno vinto le fatiche. Sì, proprio quelle fatiche esistenziali che poi diventano troppo ingombranti anche solo per aderire ad un progetto educativo. E gli adulti mollano.

Vi lascio con una domanda: perché la deriva di arrivare troppo tardi si sta diffondendo a macchia d’olio con le situazioni di dispersione scolastica? Cosa non vediamo? Cosa l’Italia si sta perdendo?


Perché quello che perdono i singoli ragazzi è chiaro e l’abbiamo tremendamente sotto gli occhi ogni giorno.

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